Vincenzo Gueglio - Carlo Bo, Agonista. Il saggio indispensabile



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CARLO BO, AGONISTA. .

di
Vincenzo Gueglio


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UN SAGGIO INDISPENSABILE.

Qui di seguito sono riportati gli incipit dei ventuno punti trattati da Vincenzo Gueglio, intorno ai quali si svolge - con la consueta profondità di pensiero e di riflessione che contraddistinge il critico letterario - la preziosa introduzione ad Intorno a Serra.

La lettura integrale è vivamente consigliata, poichè il saggio di Gueglio rappresenta una tappa fondamentale nello studio e nella conoscenza di Carlo Bo, sia dal punto di vista umano che letterario; aspetti, che in Bo, come sappiamo, si alimentano e si identificano.

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INVITO ALLA LETTURA INTEGRALE

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1. Un solo libro

Carlo Bo, non c'è forse nome più pronunciato del suo, nel mondo delle nostre lettere; con reverenza;anche; persino con affetto; ma che all’ossequio e alla notorietà del nome corrisponda una conoscenza vivadell'opera, temo di non poterlo affermare. Che il suo insegnamento circoli col sangue nelle nostre vene, ovvero che la nostra esistenza, la nostra opera più o meno ambiziosa si svolga nel dialogo, nel teso confronto con le sue pagine; che la sua temibile grandezza costituisca l'orizzonte dei nostri sguardi, della nostra angoscia, non mi pare proprio. E questa noncuranza è uno degli aspetti del male imperdonabile che sta terminando di distruggere gli uomini che abitarono questa frontiera estrema dei tempi...


2. La sconfitta

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Bo non ci ha insegnato il segreto della serietà; nemmeno lui c’è riuscito. Ha fatto tutto quello chepoteva, ce l'ha mostrata operante in sé. Ci ha sollecitato a un'imitazione che era troppo al di là delle nostreforze; e il nostro fallimento - fallimento tanto più grave perché senza vero dolore, appena tinto di delusione -è anche il suo: come ogni vero Maestro egli è accusato dalla povertà irrimediabile dei suoi discepoli, dalla nostra tranquilla pigrizia: che in qualche modo diventa specchio della sua sconfitta.Sconfitta senza colpa, fatale; eppure anzi proprio per questo ferocemente...
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3. Leopardi


Ho pronunciato il gran nome; l'isola forse più bella della nostra letteratura, sulle cui rive si calcinanole migliori intenzioni di tanti poeti, sui cui scogli si disfano i relitti di tante orgogliose imbarcazioni; tutte lereti si strappano. Qui, un poco, potremo forse conoscere Bo, misurarlo all’incontro con la decisiva altitudo leopardiana. Guardiamolo, dunque, quando crede «di dover denunciare il pericoloso senso della nostra passione per lui», come si alza serio, come esordisce dolente: «e forse non l'abbiamo mai amato tanto»; e come, poiché pensa d'avere individuato in Leopardi una parte di viltà, si leva deciso in faccia a lui soppesando l'arpione delle sua accuse, come infine lo scaglia intrepido mirando al cuore della colpa che intravede...

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4. Serra, con amore e dolore

Con amore e dolore, dal remoto 1937 in cui fu scritto il primo dei saggi che abbiamo raccolto in questo volume, Bo non ha cessato di aggirarsi attorno all'asse sghimbescio di Renato Serra; non tanto in cerca di una compiuta definizione dello scrittore; che non trova; che probabilmente non è possibile; ma in cerca di una maggiore chiarezza di visione; in cerca di quella verità intima che non è né in noi né fuori di noi, ma che in noi può costruirsi: e dagli scrittori che studiamo, e nello studio, attende il soccorso contro la dimenticanza e il fango del tempo...


5. A noi due


«A noi due, adesso». Sono le parole che Bernanos in punto di morte rivolge a Dio: con impazienzama anche come una sorta di sfida. La conoscenza, l'incontro, sono sempre un rischio; una lotta; i contendenti combattono abbracciati. Le prime figure di questa lotta con Dio sono antiche; Israele, Giobbe, Qohelet. Contrariamente a quanto si potrebbe credere, il vincitore non è noto in anticipo. Bo, agonista, ripete ogni giorno della sua vita questa sfida; senza paura. Ha in mente la domanda di Manzoni, che lo rassicura e fortifica: «paura di che?»...


6. La parte del mistero


Forse anche Bo, come molti di noi, sente il silenzio come conquista e suprema dignità; ma sa che non sarà cedendo all'amarezza che otterrà questa vittoria; cedere alla tentazione del silenzio per sfiducia è qualcosa di peggio di una pura sconfitta, è debolezza, resa, tradimento. Bo sa che rinunziare all'inquietudine, alla ribellione, all'ostinazione del continuo interrogarsi, alla virtù della parola insomma, è non solo un volto della morte, è la morte stessa dell'anima. Perché la vita è la parola...


7. Maestro di verità


«Veniamo prima del romanticismo», grida Bo contro chi pretende di ordinare il movimento di cui si è fatto coscienza nella triste anagrafe delle storie letterarie. Bo vuole mettersi fuori del tempo, e forse non immagina lui stesso il carico di verità di questa sua rivendicazione. Lui pensa a Cristo; e solo a Cristo. Io penso a Cristo; e non solo a Cristo; penso alla molte figure, alle molte tracce che la fatica compiuta dall'uomo nel lento districarsi dal caos ha lasciato in noi, nella vaghezza atemporale del mito e della letteratura...


8. Anacronismo


Il parlante, in questo teatro, è un anacronismo, un paradosso; una figura tragica e ridicola insieme: che nel carico di questo ridicolo trova, come nelle più alte figure di Dostoevskij, il massimo di dignità. Bo accetta con dolore il proprio anacronismo perché sa che le parole si scioglieranno nel nulla d'una irrealtà desolata e terribile; ma l'accetta: come l'unico elemento in cui possa sciogliersi la materia del dialogo e il colloquio; in questo senso direi addirittura che lo rivendica con una sorta di orgoglio...


9. Letteratura come vita


Voglio rimanere legato all'immagine del maestro di verità e di vita. Nella luce anacronistica e oracolare di questa suggestione voglio leggere Bo, il mistico Bo, come lo chiamava Galvano della Volpe, assegnandogli quel «mistico» più come una sorta di attributo omerico che come aggettivo. E forse è il caso di non dimenticarlo. Perché nel misticismo di Bo c'è una parte importante del suo segreto; che riverbera la sua luce sulla figura del maestro di verità. E di vita. Nessuno dei nostri critici, nessuno dei nostri poeti, nessuno dei nostri moralisti sa stringere in un'unità così stretta, essenziale e convincente l'intreccio di vita e letteratura; nessuno sente così necessaria e naturale quest'unità...


10. L'angoscia, la morte e infine il bisogno di Dio


Non troppi anni dopo il primo annuncio della solenne identità di letteratura e vita, trascorso l'esatto spazio della guerra, Bo potrà muoversi forti rimproveri; accusarsi di molte colpe, esporsi al fuoco della propria ironia; ma non oserà «rinnegare neppure una riga di queste pagine»; anche se si sentirà obbligato a superarle; se indicherà come proprio dovere quello di «avere il coraggio di trovare un punto a questo giuoco che credevamo infinito e invece è uguale, eterno e fisso»...


11. La conversione


So bene che in un percorso di così rigorosa fedeltà a se stesso e così intensamente raccolto attorno alla preoccupazione di Dio pretendere di individuare brusche svolte è un azzardo che può anche avere tutte le caratteristiche del fraintendimento o della falsificazione; non importa; io penso lo stesso di dover parlare di una conversione di Bo. Mi sembra di intravedere un movimento del cuore, in lui, che senza l'ingrandimento d'una parola eccessiva potrebbe rimanere nascosto nel bosco fitto della fedeltà: e alludere a un panorama troppo uguale, calcinato, abolito dalla troppa luce...


12. Accusa a Bo


L'accusa che siamo tentati di muovergli è di non aver tenuto la trincea avanzata della letteratura come vita. Di averla se non rinnegata svilita; e, in fine, perché; con quali saldi vantaggi? Perché poi il nome stesso di Dio si scioglieva e in qualche modo si arrendeva alla sete umana di sapere, alla risacca della disperazione umana; e solo restava distrutta, con la sconfitta definitiva della morte in quel Nome, la possibilità stessa della vita e della parola, accomunate nella coscienza della medesima immedicabile vanità...


13. Pis-aller


Lui, proprio lui che ci ha strappato alla stagione delle esitazioni, all'amore clandestino per laletteratura, alle ambigue dilettazioni, alla pratica senza rischi del pis-aller; proprio lui che ci ha mostrato in piena luce l'ampia dignità della letteratura come vita; proprio lui siamo costretti ora ad accusare di tiepidezza e quasi di tradimento. La vecchia forma dell'angoscia, quella che conduceva sull'orlo delle molte forme di suicidio, sfociava poi nell'inquietudine della parola, e la parola bruciava, ansia di costruzione di sé e di creatività totale; era la vita...


14. Letteratura come eresia. Un discorso che non crede alle proprie parole


Bo può alludere al proprio lavoro come a «un discorso che non crede alle proprie parole»; definirlo insomma un discorso immerso nella perplessità, nel dubbio; nel disincanto magari o più precisamente nella disperazione. «Un discorso che non crede alle proprie parole»: sembra un'ironica presa di distanza; ed è; ma soprattutto è il movimento di chi cerca la distanza giusta per mettere a fuoco le cose, la verità: Bo deve e vuole tuttavia rivendicare al proprio discorso, con onesta lucidità e si direbbe persino con sorpresa («nonostante», dice), due meriti; che potrebbero sembrare contraddittori; e scaturiscono da movimenti dello spirito che rispondono a esigenze diverse. Almeno così pare a me...


15. Il vero e il bello


La prima cosa che Bo ci insegna è (paradossalmente?) la diffidenza verso la letteratura; per la letteratura, s'intende, che non è vita; per la letteratura che non è interrogazione, ricerca di verità, che non discende e non risponde a una necessità dello spirito. E poi poco importano le soluzioni particolari. Nessuno come lui ci ha parlato, quanto a questo, così chiaro; e ci ha fornito esempi così precisi e convincenti; pagine così brucianti...


16. Letteratura come rischio


Sì, letteratura come vita non ha mai cessato di agire in lui, dal primo giorno; ma in un primo momento l'accento - l'accento, cioè la forma dell'errore crudele e inevitabile - cadeva su letteratura; poi - Bo è l'uomo più disposto al mondo ad abbandonare le proprie conquiste e a mettersi in discussione intero - lo spirito dell'inquietudine, l'ansia della ricerca, la sete di verità agirono: e venne quella modifica di illuminazione che ho potuto rimproverargli e che portò alla prima ribalta la vita...



17. La parte dell'ingratitudine


Del resto, una parte di ingratitudine e magari di ingiustizia ci è necessaria per non appiattirci troppo sulla figura di Carlo Bo. Al quale riconosciamo d'essere legati da un affetto speciale; affetto cui peraltro ci ha obbligati, noi riluttanti, con lo scialo generoso delle sue molte virtù...


18. L'oggetto


Il nostro compito, oggi, è più difficile che mai. Oggi l'uomo deve non solo combattere l'oggetto fuori di lui, l'oggetto che c'è sempre stato, che l'affascina con le lusinghe del nulla. Oggi, se ancora ce ne resta la possibilità e la forza, se ancora rimane uno spazio ove lottare, dobbiamo impegnare noi stessi nella lotta più difficile, quella contro l'oggetto che stiamo diventando. Nelle fessure che ancora restano di libertà e di vita nell'involucro di dimenticanze che sta trasformando in duro sasso la nostra carne più tenera dobbiamo
cercare di colare la nozione della poesia; che fermi e faccia regredire, se ancora potrà agire, la morte definitiva dell'intelligenza e della spiritualità; della dignità umana; la totale confusione dell'uomo nella merce o la dissoluzione pura e semplice del suo essere...


19. Professori e no. Chiaro e oscuro


Oh, le conosco, fanno parte delle mie amarezze le ironie che i professori, coloro che sanno già tutto in anticipo, si sono permesse sul linguaggio ermetico. Sì, è stato un dolore o almeno una scorante delusione lo spettacolo dei Flora, dei Russo e di tanti o pochi altri che ci erano sembrati degne persone e che abbiamo visto con sgomento avvilirsi nell'esercizio meschino del sarcasmo contro ciò che non riuscivano a capire...


20. Problemi di estetica e di vita


Una formula, cristianesimo come vita, della quale mi servo non senza esitazione ma anche, credo, non senza una qualche giustificazione. per alludere a una scelta impegnativa di tutto l'essere: scelta orgogliosa e umile insieme: scelta che è sin dall'inizio nella carne di Bo ma che si vuole anche come soluzione di un groviglio di problemi difficili e decisivi; problemi che, al solito, non riguardano né una filosofia né una letteratura; né la scelta d’una dottrina né quella d’una scuola, ma s’impongono come necessità bruciante sul terreno delle scelte di vita...


21. Il volto del simulacro e la parola magica


Che avrei saputo rendere un ritratto perfetto di Bo non l'ho mai detto; né pensato. Ho affrontato questo tentativo per amore, solo per amore. Anzi per un'intima necessità. Spero la sentano allo stesso modo altri, molto migliori di me. Della mia insufficienza nessuno potrà essere più consapevole, e più dispiaciuto di me. A questo ritratto evanescente, e mancato, vorrei aggiungere dettagli e dettagli sino a compierlo; o almeno provare a definirlo un po' meglio. Ma so che sarebbe inutile...

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CARLO BO, Intorno a Serra

- Saggi raccolti, annotati e presentati da Vincenzo Gueglio -

Greco & Greco, Milano 1998

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